M E S S A   R O C K

 

 

 

 

St. Edmunds, una sorridente cittadina del West England, ricorda con immensa gioia la data del 3 Aprile 1983, giorno in cui si festeggiava la Pasqua. Lasciate che vi racconti come andò.

Innanzitutto mi presento: il mio nome è Richard Fox, ma i ragazzi e i conoscenti mi chiamano Don Riccardo; guai se mi chiamassero signor Fox o, peggio, Padre Fox, mi arrabbierei moltissimo. La gente mi critica a più non posso; non sono, dice, un buon esempio di prete cattolico: non vado in giro con la tunica nera, non faccio sermoni pesanti e noiosi, al contrario mi interesso dei problemi di tutti i giorni e cerco, nei limiti del possibile, di dare una mano a chi ne ha bisogno.

Già nel Natale dell’82 avevo notato una diminuzione dell’affluenza di giovani alla mia parrocchia. Mancava tutta la banda del rione Santa Croce, quella capeggiata da un certo Michael, sì Michael Redfort o Redford credo. Ero molto preoccupato; avrei preferito dieci di quei ragazzi piuttosto che una delle venticinque fanciulle bigotte e sapientone che vengono il martedì e il giovedì.

Comunque mi sentii in dovere di andare a parlare con quel tale Redford.

In quel pomeriggio di Febbraio faceva molto freddo ed uscii dalla chiesa indossando un cappotto. Incontrai la signora Reinwood che mi imbottì la testa con il suo club e fesserie varie, il signor Bois con il quale decisi di ridipingere il refettorio e poi la solita signorina Pink, il signor Rough dal quale non riuscivo a staccarmi, e innumerevoli altri, tanto che mi chiedo se sono un parroco o semplicemente un tizio con cui fare quattro chiacchiere, bah…

Sapevo che non avrei trovato Michael nella sua abitazione e così mi stavo dirigendo direttamente in un locale di Sanford Street, dove sapevo che quei ragazzi si riunivano spesso a suonare. Entrai.

La sala era umida e sporca, anche se abbastanza grande per certi strani strumenti. Ai miei tempi sì che gli strumenti erano strumenti!  Io suonavo la tromba e l’avevo talmente personalizzata che mi chiamavano Richard the trump (ah se li avessi presi!). Oggi invece i giovani suonano cose stranissime, tastiera tripla, quadrupla, sintocosi e amplificanonsoche.

Ad un tratto un ragazzo mi rivolse la parola:

“Che è venuto a fare qui?”

“Ciao caro” risposi “voglio parlare con Michael se c’è!” Senza aggiungere altro mi accompagnò nella stanza adiacente dove c’erano altri tre o quattro ragazzi.

“Mick, don coso ti vuole!” esclamò rivolgendosi al più alto dei tre. Michael mi guardò.

Aveva i capelli ricci, lunghi e biondi, tenuti indietro da una fascia nera. Gli occhi azzurri mi fissavano intensamente e decisi che dovevo parlare per primo. Gli altri se ne andarono rapidamente.

“Michael, dovete ritornare tutti in chiesa!” mi decisi.

“Non posso” furono le sue prime parole.

“Come non puoi?”

“Io… non sono un credente.”

Non dico che fosse la prima volta che sentivo una cosa simile, ma rimasi ugualmente sconvolto. Non avevo mai pensato che una persona (a quell’età poi, mio Dio!) potesse accettare una simile idea.

“Ma….. vogliamo parlarne?” chiesi.

“E’ semplice Don Riccardo. Non credo in Dio, nella Bibbia, nell’immortalità dell’anima; in niente di tutto ciò che tu predichi. E così gli altri.”

“Ma chi, dimmi chi, in nome del cielo, ti ha messo in testa delle simili sciocchezze?

“Mi dica, padre, ha mai studiato la biologia?”

Mi ricordavo di una simile materia in seminario; o era forse la geologia?; no, no, le leggi di Mendel.

“Si, devo aver studiato qualcosa, credo…” risposi cautamente, senza lasciare intravedere che non ne sapevo quasi nulla.

“Che cosa sono i coacervati?” mi chiese a bruciapelo. Non li avevo proprio ma sentiti nominare. Pensai subito che fossero animali, ma non dissi nulla.

“E’ meglio lasciare perdere.” Sospirò Michael “Non  potrà mai capire, don Ricchardo!”

“Forse no! Ma ciò non toglie che osteggiando la Chiesa tu cerchi di abbattere l’unica ancora di salvezza per l’umanità. Chi è che predica l’amore e la pace? Chi è che cerca di evitare l’installazione di nuovi missili? Chi offre l’aiuto ai bisognosi del Terzo Mondo? Chi se non la Chiesa? Oppure non credi neanche nella pace?”

“Questo non significa che la religione da voi predicata sia vera.”

“Ma suvvia!” cercai di farlo ragionare “come puoi pensare che nessuno abbia creato l’uomo, nella sua bellezza e nella sua grandezza. Come….”

“E’ inutile… Non capisce!” interruppe Michael.

A quel punto tentai il compromesso.

“Senti, potremmo raggiungere un accordo!”

“Cosa?”

“Dovrai promettermi che voi tutti frequenterete la mia parrocchia ed io non farò né a te né ai tuoi amici prediche religiose o cose simili; obiettivo: fare qualcosa di costruttivo e aiutare gli altri. Inoltre scommetto che vi piacerebbe usufruire di un altro locale…”

“Un altro locale!” Michael rimase a bocca aperta, pensando sicuramente a quali strumenti vi avrebbe potuto sistemare.

“Potrete venire nella stanza attigua al refettorio, non c’è mai quasi nessuno!”

“Dovremo venire anche alla messa?” mi chiese con sospetto.

“Sì, ma con un’ottica nuova. In quella mezzora dovrete pensare a tutte le cose importanti. Pensa a quello che credi, a ciò cui vai incontro e poi ne parlerai più tardi con i tuoi amici.

Pensai che avevo fatto centro. Avevo offerto l’alternativa. Chissà quante persone avrebbero pensato che io ero un incosciente e un disgraziato nel permettere simili cose, che avrei dovuto maledire quella banda di atei, già… atei, ne pronunciamo il nome come se lo sentissi per la prima volta… Ero sicuro che valessero più quei ragazzi che cento di quelle persone che si proclamano credenti e che poi credono e fanno quello che sembra loro più opportuno nel nome di una falsa e ipocrita religiosità.

“D’accordo?” chiesi, mentre una profonda felicità mi invadeva il cuore.

“D’accordo!” rispose Michael senza esitare.

“A proposito” ripresi  “Cos’è un coacervaso?”

Michel scoppiò a ridere

“Un coacervato è una cellula primitiva, la forma di passaggio tra la non vita e la vita! Arrivederci padre!”

Mi avviai verso l’uscita sorridendo. Era per me una grande vittoria l’aver acquistato la simpatia e la fiducia di Michael. Tuttavia quel coacervaso mi lasciava ancora dubbi e perplessità.

Domenica 6 Marzo mi trovavo davanti all’altare della chiesa a celebrare la Messa. Dopo un’omelia breve e concisa arrivai rapidamente al momento della comunione.

In mezzo al silenzio di quegli attimi di raccoglimento risuonavano le mie parole.

“Il Corpo di  Cristo” le quali ormai per abitudine pronunciò in una maniera incomprensibile.

Distribuii quella domenica ben novantacinque ostie di mezza misura, più naturalmente quella formato gigante per me. Uscendo dalla sacrestia mi vennero in mente le parole di don Vincenzo secondo il quale soltanto ventisette persone si erano confessate tra il sabato e la domenica. Conclusi che ben sessantotto cristiani mangiano a sbafo durante la messa della 11,30 dato che io ho ripetutamente pregato i miei parrocchiani di non seguire le regole dei preti di una volta, secondo i quali ognuno di noi può fare una breve autoconfessione (sempre che abbia commesso pochi peccati e non gravi).

Visto che non esiste un metro ben preciso per misurare i nostri peccati e che io sono qui appositamente per confessare la gente, non vedo perché ciò debba sussistere.

Stavo facendo queste banali considerazioni giornaliere quando incrociai la signora Reinwood:

“Oh don Riccardo, sapesse quante cose nuove succedono al nostro club! Quante idee!…”

“Non riuscivo neppure ad interromperla”.

“Don Riccardo, un giorno dovrà venire a vedere la nostra biblioteca. E’ così super! Pensi abbiamo ben sedici copie della Bibbia e tutte foderate in pelle! Che delizia! A proposito che progetti ha per il giorno di Pasqua?”

“Beh,… le solite cose…” riuscii a pena a dire.

“Ci è venuta un’idea favolosa” continuò la signora Reinwood ”potremmo organizzare una messa cantata! Non si preoccupi, ci penseremo noi del club!”

Invano tentai di spiegare alla signora Reinwood che già la messa del giorno di Pasqua andava rinforzata di un buon quarto d’ora per letture liturgiche extra e preghiere varie, per cui l’aggiunta di qualche coro e una cantatina qua e là, avrebbero portato la durata complessiva al limite della sopportazione tanto dei fedeli quanto naturalmente della mia.

Non ci furono versi e dovetti accettare la collaborazione di tutto il club (non mi riesce mai di ricordare che nome avesse quel club). Dopotutto, pensai, una messa solenne era quanto di meglio si potesse organizzare per festeggiare la Pasqua e più ci pensavo più mi convincevo che l’idea era buona.

Qualche giorno più tardi andai a trovare la signora  Reinwood al club.

Non l’avessi mai fatto!

Fu così contenta che le parole non bastavano ad esprimere tanta gioia: le sarebbe occorsa una lingua in più.

Il giorno successivo mi recai (immaginate con quale stato d’animo) di nuovo al club per la scelta dei brani. Entrai in una saletta poco illuminata che la volta precedente non avevo notato. Tre o quattro signore impellicciate mi invitarono a sedere in un angolo. Finalmente notai il pianoforte; era così scuro che per tutto quel tempo si era come mimetizzato ai miei occhi.

Mi mostrarono una lunga lista di pezzi e poi cominciarono col primo. Una signora più anziana delle altre sedeva su di uno sgabello e suonava il piano, mentre le altre tre, alle quali poi se ne aggiunse una quarta, cominciarono a cantare in coro. Finito il primo pezzo la mia faccia assunse una espressione strana. Il coro mi guardò per un secondo con aria severa, poi riprese di nuovo col secondo pezzo.

Era peggio del primo! E poi ancora il quarto, il quinto, il decimo, il tredicesimo… Non ne potevo più! Nessuno dei tanti mi era piaciuto. Si, erano dei famosi brani musicali, adatti ad essere suonati in chiesa; ma la musica era scarna e poco aveva di quella solennità che io avevo immaginato. Per non parlare dei testi: il minimo che si potesse dire è che fossero semplicemente stupidi. Ero sconvolto. Dissi loro che nessuno dei brani mi era piaciuto e che avrei pensato io stesso alla parte musicale. Continuai dicendo che avrebbero dovuto occuparsi soltanto dell’illuminazione e delle gite per i giovani del catechismo.

Facevo male a prendermela. Dopotutto non era colpa loro se le canzoni non erano adatte. Avevo bisogno di qualcosa di nuovo, di più moderno, di significativo per l’uomo che vive il 1983 e non le epoche passate.

Fu proprio in quell’attimo che mi venne l’idea. No, era troppo assurda! Perché, perché era assurda? Non avevo forse detto che avevo bisogno di qualcosa per l’uomo di oggi, per il presente. Ebbene cosa c’è di più moderno e attuale della musica dei nostri ragazzi, dei giovani che frequentano le discoteche e i concerti negli stadi?

Avevo ragione. E pensa subito a Michael e ai suoi amici che regolarmente frequentavano la chiesa da qualche tempo. Mi recai subito da loro e spiegai come stavano le cose.

“Sono felice di poterla aiutare, don Riccardo, anche se effettivamente c’è poco tempo per preparare tutto” disse Michael. “Ero sicuro che avrei potuto contare su di te!”

“Però….”

“Però?” chiesi con sospetto.

“Non credo che potrò partecipare di persona…” balbettò.

“Mi dispiace; ne sarei stato veramente molto felice.”

“Comunque non si preoccupi; vedrà, ci saranno tutti i musicisti al gran completo!”

Salutai i ragazzi dopo aver preso le ultime decisioni e aver dato loro qualche consiglio. Ero felice: il giorno della Pasqua si avvicinava e tutta la parrocchia si dava da fare per organizzare questa maxi-messa. Ero  sicuro che tutti ne sarebbero rimasti soddisfatti.

Qualche giorno più tardi andai a sentire alcune musiche dei ragazzi e mi piacquero da morire! Tutti i brani erano stati scritti da Michael ed anche i testi erano suoi. Inoltre ne aveva altri in preparazione che avrebbe potuto sostituire all’ultimo minuto.

La signora Reinwood non fu molto dispiaciuta che io avessi bocciato le sue musiche e stranamente fu d’accordo con me nell’affermare che avrei potuto trovare di meglio.

Tutto procedeva come avrebbe dovuto. I pezzi musicali erano pronti e i ragazzi si allenavano ogni giorno. Le signore del club comperarono quattro lampade nuove per la navata laterale sinistra, visto che le vecchie erano difettose.

Il giorno tanto aspettato non si fece attendere a lungo. La sera prima i ragazzi noleggiarono un camioncino per trasportare gli strumenti in chiesa.

Io cercavo, quanto possibile, di dare una mano a tutti, ma a volte sentivo che tutto ciò era più grande di me.

 

 

3 Aprile 1983

 

Il sole era appena spuntato e illuminava il cielo sgombro di nubi. Il silenzio regnava per le strade deserte e umide mentre dentro le case tanti bambini sognavano l’uovo di cioccolato e gli altri dolciumi pasquali.

La gente dormiva tranquilla. Li attendeva una giornata felice, da dividere coi parenti e con gli amici, dimentichi di ogni tristezza e di ogni passato astio; una giornata da disporre nell’album delle fotografie.

Mancava un quarto a mezzogiorno e la gente saliva la scalinata della chiesa con un mormorio confuso.

Entrando li attendeva un magnifico spettacolo: dalla navata centrale l’altare d’oro spiccava più lucente e più bello che mai. Nelle navate laterali erano sistemati banchi e sedie, mentre più avanti c’erano gli strumenti musicali: a sinistra un organo, una batteria completa di percussioni, diversi amplificatori, tamburelli poggiati sopra un minimoog; a destra c’era un altro organo, una splendida arpa e uno xilofono sistemato in disparte, oltre naturalmente ai rispettivi amplificatori.

Le casse acustiche erano tutte fissate ad una altezza di circa tre-quattro metri in modo tale che la distribuzione dei suoni fosse il più possibile uniforme. Disposti in un angolo c’erano lo spazio riservato al coro e quello riservato ai solisti. Nella navata centrale era lasciato libero un largo corridoio che permettesse l’accesso dei comunicandi all’altare.

Era quasi mezzogiorno, la gente aveva già riempito la chiesa e i ragazzi avevano già messo le mani sugli strumenti. All’ultimo momento si aggiunsero due chitarre elettriche ed una acustica a sinistra, un basso ed una Fender rosso fiammante sulla destra. I musicisti allacciarono i cavi agli amplificatori, quando una voce leggera leggera levitò nell’aria accompagnata da una chitarra acustica….

                                      Chi mi insegnerà tutte le cose

                                      che non conosco io lo farò re

                                      io la farò regina

 

La melodia si fece più accentuata

 

                                      Chi mi indicherà il valore vero

                                      della vita, io lo ignorerò

 io non l’ascolterò

 

Il coro fece sentire la sua voce e l’intera chiesa risuonava in un’atmosfera che sapeva d’infinito.

                                      Chi mi parlerà senza pregiudizio

                                      alcuno a lui mi aprirò e lo

                                      lascerò entrare…

 

La melodia terminò come per incanto ed io feci il mio ingresso dietro l’altare. Mai mi ero sentito come mi sentivo in quel momento; qualcosa aveva conquistato il mio cuore, e non se ne andava, mi invadeva e mi rendeva quasi incosciente.

Mentre parlavo, parlavo, la gente ascoltava, guardandomi negli occhi, quei discorsi che tanto premurosamente avevo preparato. Quando lessi dal Vangelo non ero più in me: qualcun altro parlava al posto mio e pronunciava le mie parole. Il mio cuore piangeva e singhiozzava come un bimbo appena nato, ma il mio aspetto era quello di sempre: quello del solito don Riccardo anticonformista e burlone.

Quanto venne il momento della comunione così tanta gente si riversò nel corridoio centrale che io non credevo di avere ostie a sufficienza. E quanto poi tutti lasciarono il corridoio accompagnati da una melodia struggente un boato cominciò a diffondersi per l’aria… era come se un forte vento fosse entrato nella chiesa. Le chitarre fecero sentire le loro prime note, mentre lo xilofono produceva scampanellii brevi e graziosi. Il vento si faceva più impetuoso e una voce maschile riempì il vuoto lasciato da quei turbini…

 

                                                 Muoio di freddo

                                                 un vento gelido mi spezza il cuore

                                                 ho bisogno d’amore…

                                                 Sto morendo

                                                 sto cercando un aiuto

                                                 all’ultimo minuto…

 

Gli strumenti impazzirono: la melodia dell’organo fu sopraffatta dall’insistente chitarra, che fu soppiantata dal moog, ma alla fine quel vento freddo risultò il vincitore. Mille voci si alzarono nell’aria alla ricerca della melodia perduta

 

                                                 Cerco un volto tra la folla disperatamente

                                                 un amico, un conoscente

                                                 (desiderio ardente)

                                                 chi non ha paura di stare solo

                                                 non mi venga a dire che è divertente

                                                 mi sento un niente,

                                                 poco importante,

                                                 non sono nessuno, nessuno che pensi a me…

 

E allora il coro si fece sentire nella sua forma migliore rimbombando nell’aria:

 

                                                 Ho bisogno del tuo amore

                                                 della gioia che porti in me,

                                                 un vento gelido mi spezza il cuore

                                                 sto cercando un aiuto

                                                 all’ultimo minuto…

 

Le acque si placarono, il vento si fermò e rientrai in scena io.

“Ed ora amici ed amiche” dissi rivolgendomi alla folla “ripeto ancora una volta la mia preghiera per la pace: perché essa regni nel mondo negli anni che dovranno venire. I nostri amici musicisti hanno preparato un brano che tratterà le crudeltà della guerra.”

La gente si guardava attorno interessata e coinvolta. All’improvviso un suono strano si diffuse rapidamente. Assomigliava ad echi di armi che infuriavano le une sulle altre. La battaglia si fece più vicina, quando ad un tratto…. tutto tacque.

Una voce bianca si levò accompagnata da altre più flebili e leggere….

 

                                                 Un soldato iracheno

                                                 muore e lascia una bambina

                                                 sola, magra e malnutrita

                                                 tra la gente sconosciuta

 

La battaglia infuriò: la chitarra elettrica primeggiava rumorosamente attaccata dall’organo e dal moog.

Ma ad un tratto il basso si fece così pesante che agli altri strumenti non rimase che affievolirsi.

La batteria tentò di emergere aiutata dalla chitarra ritmica ma vennero immediatamente stracciate da un moog nel pieno delle sue forze. La chitarra attaccò il moog in un duello all’ultima nota. I ritmi si fecero più forsennati…

 

                                                 Il generale ordina……

                                                  …la morte troverai!

                                                 e mai più a casa tornerai!!

 

Gridò il coro! Un’esplosione di note invase l’aria, mentre la gente ascoltava con estremo interesse.

Il coro riprese:

                                                 Quanti pazzi combattenti

                                                 si distruggono a vicenda

                                                 Quanti amici si ritrovano

                                                 a navigare nel sangue

 

e le note piangevano:

                                                 Quante vite stroncate

                                                 quante famiglie distrutte

                                                 quante case demolite

                                                 e il ricordo che ci assale…

                                                             FUOCO!

 

E l’esplosione si ripetè più forte e più cruenta di prima. E rimase il silenzio.

Ero rimasto veramente sconvolto da quello spettacolo di musica. Era come se avessi innanzi agli occhi quelle scene di distruzione che il brano pur interpretando condannava.

La messa era quasi giunta al termine, le ultime preghiere erano state recitate e la gente era rimasta soddisfatta. Non rimaneva che il Gran Finale, che venne introdotto dal dolce arpeggiare di una fanciulla. Quel suono così etereo affascinò i presenti che la fissavano sorridenti. Gli strumenti, gioiosi, cominciarono a suonare. L’inno si fece più incalzante. Un’immensa gioia invase la chiesa intera e il coro esplose in una girandola di melodie…

 

                                                 Ah ah ah … ah ah Ah!

                                                 La gioia vivrà

                                                 eterna la luce

                                                 su di noi splenderà

 

La felicità che quelle note sprigionavano era immensa.

 

                                                 Il cielo si aprirà

                                                 il buio fuggirà

                                                 la forza che è dentro

                                                 si sprigionerà…

 

Un mare di note coprì gli ultimi spazi; una chitarra a destra, un tamburello a sinistra e il basso che regnava incontrastato i sottofondi sonori.

Una voce si levò a sottolineare la sicurezza e l’armonia di quei mondi:

 

                                                 Nessuno potrà mai cancellare

il bene che è esistito

l’amore che ha regnato;

negli infiniti spazi

un suono si alzerà…

 

In quel momento entrò dal fondo della navata centrale un suono cristallino che aveva il volto di…. Michael. La sua chitarra tuonava in difesa del bene e dell’amore che hanno sempre vinto. E respingeva l’attacco del moog prepotente che la voleva soggiogare… e rimbombava per difendersi dalle angherie del basso… e vinceva alla fine placando tutti gli strumenti in modo che regnasse la pace del suono e della melodia. Intanto quelle note vivaci si andavano spegnendo, mentre Michael tornava indietro attraverso il corridoio centrale e la gente lo guardava ammirando il suo virtuosismo.

La vista di Michael m’aveva lasciato senza respiro. Ormai non speravo più nella sua presenza.

Aveva voluto farmi una sorpresa!

Il coro ultimava l’inno:

 

                                                 Ah ah la gioia vivrà

                                                 eterno l’amore….

                                                 nell’infinito esploderà!

 

E come per incanto gli strumenti esplosero in un’ultima, finale, gazzarre di suoni, lasciando uno splendido ricordo di quei momenti.

Mi avvicinai di nuovo al microfono:

“Il Signore sia con voi”

“E con il Tuo Spirito” risposero i fedeli.

“Preghiamo, perché la pace e l’amore regnino tra gli uomini per tutti i secoli dei secoli!”

“Amen!”

“La messa è finita, andate in pace.”

“Rendiamo grazie a Dio!”

 

            Claudio Caracci